Un convegno per parlare di carcere
La Compagnia di San Paolo ci ha incaricati di allestire due percorsi espositivi per accompagnare il convegno nazionale “Guardiamoci Dentro”, organizzato dalla Compagnia stessa il 25 e il 26 febbraio 2015.
Sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e il patrocinio del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato Regionale del Piemonte e Valle d’Aosta, della Regione Piemonte, del Comune di Torino, dell’Università di Torino il convegno sarà dedicato in particolare al tema del lavoro in carcere. Qui abbiamo cercato di raccontarlo bene.
Le due mostre si snodano nei due luoghi prestigiosi che ospiteranno il convegno: Il Foyer del Teatro Regio e il Campus Universitario Luigi Einaudi di Torino, e rappresentano, con parole, immagini, oggetti le attività legate al mondo del carcere che grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo hanno trovato espressione. Volevamo creare un canale di comunicazione tra il “dentro” e il “fuori”, per raccontare le aspirazioni delle persone detenute che con il lavoro, l’arte, lo sport, lo studio danno un senso nuovo alla loro vita reclusa e per osservare da vicino, con i visitatori, il frutto di queste attività.
Entrambe le esposizioni raccontano il valore di un cammino che prima di essere economico, artistico o lavorativo è umano, etico. Il senso di tutte le attività svolte, infatti, sta nelle persone che, nel realizzare oggetti e servizi, compiono un viaggio, fatto di scambio, interazione, fiducia.
Da sempre, noi crediamo che la restituzione sociale sia infatti solo una delle componenti del percorso di riabilitazione, o meglio di responsabilizzazione, delle persone detenute.
Al centro c’è il lavoro, retribuito e qualificato, viatico imprescindibile per restituire dignità alle persone e favorire il loro reinserimento.
Così abbiamo preso le persone, i loro volti, e li abbiamo messi dentro dei grandi cerchi, che stanno per terra, a segnare i passi di chi visita la mostra. Accanto ai volti, i pensieri: frasi che provengono proprio dal mondo del carcere e che ci parlano di futuro, di aspirazioni, dell’importanza del lavoro.
I volti sospesi, ritratti nelle specchiere, sulle scalinate, ci guardano, come noi guardiamo loro: perché il “dentro” non riguarda solo chi vive dentro le mura, ma anche chi deve dialogare da “fuori”. Lo sguardo dunque non è più solo uno spunto per indagare e osservare volti e comportamenti, ma si fa scambio, diventa restituzione, atto di riconoscimento dell’umano.
Perché a guardarci sono i volti di uomini e di donne come noi. Ecco qui il significato pieno del convegno, per noi.
(Manuela Iannetti)